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La Monsé sbatte la figlia online per due like in più. E i giornali ne approfittano

Lei si chiama Maria Monsé e, a quanto pare ha fatto l’attrice e qualche apparizione in TV per restare a galla.

Nelle scorse ore, a caccia di qualche like e condivisione in più ha pubblicato su Instagram una foto che la ritrae più o meno senza veli con la figlia quattordicenne vestita o svestita a seconda che vogliate vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.

Una scelta almeno discutibile, etica e morale a parte, sotto il profilo giuridico per più di una ragione.

Il diritto alla privacy della figlia, innanzitutto, è finito tritato nella sete di like facili della mamma perché ciò che è certo è che, a questo punto, quella foto perseguiterà la figlia qualsiasi scelta faccia nella sua vita e con lei la sua famiglia.

E non è detto, naturalmente, che la figlia, una volta cresciuta, scelga la strada della mamma e sia contenta di convivere con una foto che potrebbe diventare ingombrante.

Ma il contesto, gli abiti, i non abiti, la vasca da bagno nella quale mamma e figlia posano in piedi è almeno in odore di pornografia minorile, un reato che potrebbe, forse, essere contestato alla madre e a chiunque detenga o pubblichi la foto in questione.

Se, però, il gesto della Monsé lascia perplessi quella dei giornali – non pochi (123-ecc.) – che hanno scelto di ripubblicare la foto, minore semi-nuda o semi-vestita inclusa, è a dir poco avventata, inaccettabile, irragionevole, indifendibile, forse, più semplicemente, illecita.

Val la pena, infatti, ricordare che l’articolo 7 delle Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 – 29 novembre 2018 stabilisce espressamente al comma 3 che “Il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca; qualora, tuttavia, per motivi di rilevante interesse pubblico e fermo restando i limiti di legge, il giornalista decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell´interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla “Carta di Treviso”.

Difficile sostenere fondatamente che sussistano motivi di rilevante interesse pubblico che giustifichino la pubblicazione delle foto in questione o che la pubblicazione sia nell’interesse della minore.

E davvero poca cosa, come hanno fatto alcuni, cavarsela sparando qualche pixel sul volto di una ragazzina comunque identificabile in quanto figlia della mamma.

La ripubblicazione di quelle foto è un inaccettabile atto di sciacallaggio mediatico che non fa onore a chi se ne rende protagonista a caccia di click sfruttando un comportamento ignobile di una madre a caccia di like.