Le iniziative delle altre Autorità

Le iniziative delle altre Autorità

L’Autorità garante norvegese ha vietato a Statistics Norway di raccogliere dati sugli acquisti di generi alimentari

L’Autorità norvegese per la protezione dei dati personali (Datatilsynet) ha adottato un provvedimento che vieta a Statistics Norway, l’Istituto nazionale di statistica della Norvegia, di raccogliere i dati sugli acquisti di generi alimentari della popolazione norvegese (anche noti come “bongdata”). Questa raccolta di dati personali è stata considerata invasiva e priva di una valida base giuridica.

Statistics Norway voleva ricevere i dati sugli acquisti dei consumatori dai rivenditori di generi alimentari del Paese, al fine di compilare statistiche migliori sui consumi e sulla dieta dei norvegesi, utilizzando le transazioni bancarie dei pagamenti effettuati tramite carta dai cittadini.

Grazie ai “bongdata” e alle transazioni bancarie, Statistics Norway avrebbe avuto informazioni molto dettagliate sugli acquisti alimentari di una percentuale significativa della popolazione, che avrebbe potuto collegare a dati socioeconomici sulla famiglia, come il reddito o il livello di istruzione.

Al riguardo, l’Autorità norvegese ha ricevuto diversi reclami e segnalazioni da parte di cittadini e aziende e, sulla base di questi, ha aperto un’istruttoria nell’autunno del 2022.

Dalle contestazioni mosse dall’Autorità è emersa una questione relativa alla violazione del principio di necessità rispetto all’acquisizione di dati e informazioni, nonché su quale fosse la valida base giuridica per effettuare questo tipo di trattamenti. 

Nel difendersi, Statistics Norway ha citato il fatto che l’art. 10 della legge norvegese sulle statistiche prevede la possibilità di adottare decisioni in tal senso, indicando questa come base giuridica per il trattamento dei dati. 

Tuttavia, l’Autorità norvegese ha affermato che esiste un limite ai dati che le autorità pubbliche possono trattare, anche quando lo scopo è lecito. Pur riconoscendo, infatti, l’utilità sociale delle statistiche sul consumo alimentare e sulla dieta delle famiglie, il Garante norvegese ha ritenuto di dover intervenire lo stesso.

Sebbene lo scopo di Statistics Norway fosse quello di realizzare statistiche anonime, l’Autorità ha concluso che la violazione della privacy dei soggetti coinvolti nell’indagine statistica era avvenuta al momento della raccolta dei dati personali. 

Secondo quanto stabilito dal Garante norvegese, le decisioni di Statistics Norway non costituiscono “una base giuridica sufficientemente chiara e prevedibile per una raccolta così invasiva di dati personali”. Inoltre, i cittadini non avrebbero avuto alcuna possibilità reale di opporsi a tale raccolta, se non quella di utilizzare il denaro contante come mezzo di pagamento. 

L’Autorità ha sottolineato di aver preso questa decisione più per salvaguardare la fiducia nel settore pubblico norvegese che per un vero e proprio timore di un uso improprio dei dati personali da parte dell’istituto di statistica. Il timore era infatti che un’intrusione sproporzionata nella vita privata potesse provocare un indebolimento della fiducia nelle autorità pubbliche e una minore disponibilità dei cittadini a condividere i dati con il settore pubblico in futuro (c.d. “effetto agghiacciante”).

English version

The Norwegian Data Protection Authority has banned Statistics Norway from collecting data on food purchases

The Norwegian Data Protection Authority (Datatilsynet) has adopted a measure prohibiting Statistics Norway, the National Statistical Office of Norway, from collecting data on the food purchases of the Norwegian population (also known as ‘bongdata’). This collection of personal data was considered invasive and lacking a valid legal basis.

Statistics Norway wanted to receive data on consumer purchases from food retailers in the country in order to compile better statistics on the consumption and diet of Norwegians, using bank transactions of card payments made by citizens.

Thanks to the ‘bongdata’ and bank transactions, Statistics Norway would have very detailed information on the food purchases of a significant percentage of the population, which it could link to socio-economic data on the household, such as income or education level.

In this regard, the Norwegian Authority received several complaints and reports from citizens and companies and, based on these, opened an investigation in the autumn of 2022.

The Authority’s objections raised a question of whether the principle of necessity had been violated with respect to the acquisition of data and information, as well as what was the valid legal basis for carrying out this type of processing.

In its defence, Statistics Norway referred to the fact that Section 10 of the Norwegian Statistics Act provides for the possibility of taking such decisions, indicating this as the legal basis for data processing.

However, the Norwegian Authority stated that there is a limit to the data that public authorities may process, even when the purpose is lawful. While recognising, in fact, the social usefulness of statistics on food consumption and household diets, the Norwegian Data Protection Authority considered it necessary to intervene anyway.

Although Statistics Norway’s purpose was to produce anonymous statistics, the Authority concluded that a violation of the privacy of those involved in the statistical survey had occurred at the time of the collection of personal data.

According to the Norwegian Data Protection Authority, Statistics Norway’s decisions did not constitute ‘a sufficiently clear and foreseeable legal basis for such an invasive collection of personal data’. Moreover, citizens would have had no real possibility to object to such collection, other than to use cash as a means of payment.

The Authority emphasised that it had taken this decision more to safeguard trust in the Norwegian public sector than out of a genuine fear of misuse of personal data by the statistical office. Indeed, the fear was that a disproportionate intrusion into private life could lead to a weakening of trust in public authorities and a reduced willingness on the part of citizens to share data with the public sector in the future (so-called ‘chilling effect’).