Governare il futuro

Negli USA in campo la tecnologia contro la violenza della polizia

L’idea è semplice e neppure originale e consiste nell’utilizzare la tecnologia per difendersi da taluni episodi di violenza della polizia in danno di cittadini specie di colore.

Il dibattito impazza negli USA dove si moltiplicano le app che consentono a chi è fermato dalla polizia di avviare video-chiamate con la sua famiglia o, persino, con avvocati delle associazioni dei diritti civili in modo che, se qualcosa andasse storto, questi ultimi possano vedere, ascoltare e intervenire almeno per dare consigli e invitare a tenere i nervi saldi.

I nomi e le soluzioni abbondano.

Mobile Justice, ad esempio, che funziona in tutti gli Stati Uniti e mette in collegamento diretto chi viene fermato con la sezione locale della ACLU, l’american civil liberties union, permettendo anche di inviare, con un solo tap sullo schermo, video sullo smartphone di parenti e avvocati.

O Cop Watch Video Recorder che si attiva via Siri, con un semplice comando vocale e inizia a registrare un video di quello che accade archiviando tutto, in tempo reale, sul cloud a futura memoria, per l’ipotesi in cui qualcosa andasse storto e servissero delle prove dell’accaduto.

Tanto per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno Mobile Justice è già stata scaricata 650 mila volte.

Per gli avvocati dei diritti civili è a strada giusta.

La tecnologia non solo consente di mettere da parte le prove che servono nell’affrontare vicende che in passato hanno diviso l’opinione pubblica per anni ma è destinata anche a rappresentare un disincentivo per le pecore nere della polizia americana che, sapendo di poter essere osservate e registrate, probabilmente saranno spinte a rigare dritto.

Ma questa è solo una campana.

L’altra è quella della polizia preoccupata del fatto che di queste tecnologie in troppi possano abusare rendendo il lavoro degli agenti un inferno.

Il rimbalzo sui social delle immagini di quanto accade durante un pacifico e ordinario fermo per eccesso di velocità con gli agenti destinati, loro malgrado, a diventare attori per un giorno e, poi, il rischio che le immagini vengano manipolate per lanciare campagne di disinformazione contro la polizia finendo con rallentarne l’azione di contrasto al crimine, quello vero, anche con iniziative e strumenti perfettamente legittimi.

Sarà difficile trovare una via di mezzo sostenibile ma, probabilmente, le dimensioni del fenomeno negli USA sono diventate tali che bisogna provarci.

Più che tecnologia, forse, serve rispetto, civiltà, onestà e, come sempre, buon senso.