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Fascicolo sanitario elettronico, tutta la verità dopo tanta confusione

Oggi è l’11 gennaio, secondo alcune voci circolate con insistenza in Rete nelle scorse settimane il giorno della schedatura sanitaria di massa degli italiani per effetto del Fascicolo sanitario elettronico ma non accadrà assolutamente nulla.

Ma oggi non accadrà assolutamente nulla.

Ci sono volte – e purtroppo accade sempre più spesso – nelle quali un allarme lanciato da non ha importanza chi online corre tanto veloce da apparire reale e fondato anche quando non lo è.

Questa è una di quelle.

Qualche giorno fa è stata pubblicata online la notizia che l’11 gennaio, se ciascun cittadino non avesse manifestato prima il proprio dissenso inviando una comunicazione alla propria Regione e al Garante, sarebbe partita la più grande schedatura sanitaria di massa della storia della Repubblica.

Nome in codice dell’operazione: popolamento automatico del fascicolo sanitario elettronico

Nei giorni successivi è accaduto l’ovvio: decine di migliaia di mail e PEC sono state trasmesse all’indirizzo delle Regioni e migliaia anche all’indirizzo del Garante per la protezione dei dati personali.

Peccato solo che non fosse necessario perché nessuno, forse con la sola eccezione della Regione Liguria, stava pensando di far accadere alcunché oggi e la più parte delle Regioni italiane non ha ancora neppure attivato il fascicolo sanitario elettronico.

Ma non tutto il male viene per nuocere.

L’accaduto ha creato un’occasione di discussione attorno a un tema non particolarmente sexy e che avrebbe, altrimenti, corso il rischio di scivolarci addosso.

Ecco la verità.

Innanzitutto val la pena di ricordare che il Fascicolo Sanitario Elettronico è, nella sostanza e scusandomi per l’imprecisione tecnica a fini divulgativi – un indice di informazioni relative alle prestazioni sanitarie che ci vengono erogate e che, in quanto tali sono naturalmente già a disposizione dello Stato e/o di chi ce le eroga.

Non è, come forse può far pensare il nome, un contenitore destinato a raccogliere nuove informazioni e, da questo punto di vista, mal si presta, anche in astratto, a qualsivoglia esercizio di schedatura di massa.

Le regioni sono le titolari dei trattamenti dei dati personali di volta in volta indicizzati nel fascicolo sanitario elettronico.

Fino a maggio del 2020 per procedere all’indicizzazione dei nostri dati nel Fascicolo Sanitario elettronico serviva un esplicito consenso del cittadino.

Da Maggio, all’esito di una modifica normativa, questo consenso non serve più ma una volta indicizzati nel Fascicolo sanitario elettronico i dati non sono accessibili a nessuno fino a quando il singolo cittadino non esprime un apposito consenso.

Nei mesi scorsi – ed è questa la vicenda all’origine della mezza bufala circolata in Rete nelle scorse settimane – il Ministero della Salute ha chiesto al Garante di chiarire se, a seguito della recente modifica normativa, potessero o addirittura dovessero essere indicizzati nel Fascicolo sanitario elettronico automaticamente anche i dati relativi a prestazioni fruite prima di tale modifica.

Il Garante ha risposto affermativamente ma chiarito che prima di procedere, a garanzia della trasparenza e della massima possibile libertà di scelta da parte di ogni singolo cittadino, sarebbe stato necessario procedere a una campagna di informazione e garantire a ogni singolo cittadino, nei trenta giorni successivi, di manifestare il dissenso all’indicizzazione delle prestazioni sanitarie anteriori al maggio del 2020 nel Fascicolo sanitario elettronico.

Nessuna campagna di informazione fin qui c’è stata e, quindi, niente, in relazione a tali dati è accaduto.

Bene così, comunque, perché a parte tanto inchiostro digitale scorso invano almeno si è parlato della questione e, ora, sappiamo tutti che un giorno dovremo scegliere se lasciar indicizzare nel fascicolo sanitario elettronico anche i dati antecedenti al maggio del 2020 e, cosa molto più importante, se, già oggi limitatamente alle poche Regioni nelle quali un fascicolo sanitario elettronico esiste, vogliamo o non vogliamo che il personale sanitario abbia accesso ai nostri dati attraverso tale fascicolo.

Qui il Comunicato Stampa appena pubblicato dal Garante per la protezione dei dati personali.