Privacy Daily

PRIVACY DAILY 56/2023

La Casa Bianca ha concesso alle Agenzie governative 30 giorni di tempo per assicurarsi che Tik Tok sia rimosso dai dispositivi dei dipendenti. Ma l’American Civil Liberties Union (ACLU) non è d’accordo. La tendenza delle istituzioni occidentali ad avversare il social media cinese si sta ormai consolidando sempre di più: le amministrazioni di Unione Europea, Stati Uniti, Canada stanno operando una vera e propria stretta. Eppure, ci sono già alcune voci contrarie. Un divieto su TikTok “limiterebbe la discussione politica, l’espressione artistica e il libero scambio di idee”, ha dichiarato l’ACLU in una lettera ai legislatori federali. “Gli americani hanno il diritto di usare TikTok e altre piattaforme per scambiare pensieri, idee e opinioni con persone in tutto il Paese e nel mondo”. All’esame della Commissione Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti v’è, infatti, una proposta di legge che, ove approvata, conferirebbe al Presidente Joe Biden nuovi poteri per vietare l’applicazione. Questa proposta è l’ultima misura in risposta ai timori che i dati dei 100 milioni di utenti statunitensi possano essere trasmessi al governo cinese. “Sarebbe spiacevole se la Commissione Affari Esteri della Camera censurasse milioni di americani sulla base di un’incomprensione di base della nostra struttura aziendale”, ha dichiarato TikTok, aggiungendo di aver speso più di 1,5 miliardi di dollari per la sicurezza dei dati. Tuttavia, il rappresentante Michael McCaul, presidente della Commissione, ha replicato che “TikTok è una minaccia per la sicurezza”, aggiungendo, peraltro, che il social media “permette alla Cina di manipolare e monitorare i suoi utenti mentre s’impadronisce dei dati degli americani per usarli per le sue attività maligne”. Nonostante i funzionari di TikTok si siano recati a Capitol Hill per cercare di convincere i legislatori, lo scontro sembra ormai aperto.

Con in mano l’ingombrante cellulare che gli è stato attribuito il merito di aver inventato 50 anni fa, Martin Cooper pensa al futuro. Quando fece la prima telefonata in una strada di New York da uno spesso prototipo grigio, non sapeva che il nostro mondo – e le nostre informazioni – sarebbero state racchiuse in un elegante involucro di vetro in cui cerchiamo, ci colleghiamo, mettiamo like e compriamo. È ottimista sul fatto che i futuri progressi della tecnologia mobile possano trasformare le vite umane, ma è anche preoccupato per i rischi che gli smartphone rappresentano per la privacy e per i giovani. In occasione del MWC, Mobile World Congress, la più grande fiera mondiale del wireless, dove questa settimana ha ricevuto un premio alla carriera a Barcellona, il 94enne ha anche riconosciuto gli effetti collaterali negativi che derivano dagli smartphone e dai social media, come la dipendenza da Internet e la facilità di accesso dei bambini a contenuti dannosi. Ma Cooper ha anche detto di sperare che i progressi della tecnologia dei cellulari abbiano il potenziale per rivoluzionare settori come l’istruzione e l’assistenza sanitaria. Le autorità di regolamentazione in Europa, dove vigono norme rigorose sulla privacy dei dati, ma anche quelle di altri Paesi sono preoccupate per le app e gli annunci digitali che tracciano l’attività dell’utente, consentendo alle aziende di tecnologia e pubblicità digitale di costruire ricchi profili degli utenti. L’uso degli smartphone da parte dei bambini è un’altra area che necessita di limiti, ha detto Cooper. Un’idea è quella di avere “various internets curated for different audiences”; i bambini di cinque anni dovrebbero poter usare Internet per imparare, ma “non vogliamo che abbiano accesso alla pornografia e a cose che non capiscono”, ha detto.

I Paesi dell’Africa si confrontano con la necessità di ospitare i data center. Alla fine del 2020, nel continente africano risultava collocato solo l’1,3% dei data center mondiali (meno di cento strutture), la metà delle quali ubicate in Sudafrica. Eppure, i data center, che ospitano server e dati personali, sono il fulcro dell’obiettivo perseguito dalla maggior parte dei leader africani: la sovranità digitale. Avere una propria infrastruttura digitale e quindi archiviare i propri dati in loco è prima di tutto una questione economica. “I dati personali sono l’oro nero del XXI secolo”, conferma Mamoudou Niane, direttore legale della Commissione per la protezione dei dati personali (CDP) in Senegal. Ospitare i propri dati, riutilizzarli o venderli permette, ad esempio, alle aziende e alle start-up locali di rimanere competitive rispetto alle imprese straniere. “Una massa di dati nazionali incoraggia gli scambi intracomunitari. Un centro dati in Senegal, ad esempio, favorisce l’integrazione economica dell’intera zona UEMOA [Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale]”. Oltre ai vantaggi finanziari, i data center locali garantiscono anche l’indipendenza politica ed economica nei confronti dei Paesi stranieri. Per Lina Fassi Fihri, avvocato del foro di Parigi e partner di LPA-CGR a Casablanca (Marocco) “ospitando i propri dati al di fuori dei confini nazionali, in Europa e negli Stati Uniti, i Paesi africani corrono dei rischi. Se per qualsiasi motivo – catastrofe naturale, guerra, crisi diplomatica – i Paesi terzi decidessero di interrompere l’accesso ai loro centri dati, diversi milioni di persone e aziende africane perderebbero i loro dati”. Secondo l’avvocato, bisogna quindi “ricordare alle persone che, se l’individuo è proprietario dei suoi dati, lo Stato deve proteggerli, per garantire la protezione della comunità. È una questione di sovranità nazionale”.

English version

The White House has given government agencies 30 days to ensure that Tik Tok is removed from employees’ devices. But the American Civil Liberties Union (ACLU) disagrees. The tendency of Western institutions to oppose the Chinese social media is becoming more and more consolidated: the administrations of the European Union, the United States, and Canada are clamping down. Yet, there are already some voices against it. A ban on TikTok “would restrict political discussion, artistic expression, and the free exchange of ideas,” the ACLU stated in a letter to federal lawmakers. “Americans have the right to use TikTok and other platforms to exchange thoughts, ideas, and opinions with people across the country and around the world.” Under consideration by the House of Representatives Foreign Affairs Committee is, in fact, a bill that, if passed, would give President Joe Biden new powers to ban the application. This proposal is the latest measure in response to fears that the data of 100 million US users could be transmitted to the Chinese government. “It would be unfortunate if the House Foreign Affairs Committee censored millions of Americans based on a basic misunderstanding of our corporate structure,” TikTok said, adding that it has spent more than $1.5 billion on data security. However, Representative Michael McCaul, chairman of the Commission, countered that ‘TikTok is a security threat’, adding, however, that the social media ‘allows China to manipulate and monitor its users while seizing Americans’ data to use for its malicious activities’. Despite the fact that TikTok officials have travelled to Capitol Hill to try to convince lawmakers, the fight now seems to be on.

Holding the bulky mobile phone he is credited with inventing 50 years ago, Martin Cooper is thinking about the future. When he made his first phone call on a New York street from a thick grey prototype, little did he know that our world – and our information – would be encased in a sleek glass case in which we search, connect, like and buy. He is optimistic that future advances in mobile technology can transform lives, but is also concerned about the risks smartphones pose to privacy and young people. Speaking at MWC, Mobile World Congress, the world’s largest wireless trade fair, where he received a lifetime achievement award in Barcelona this week, the 94-year-old also acknowledged the negative side effects of smartphones and social media, such as Internet addiction and children’s easy access to harmful content. But Cooper also said he hoped that advances in mobile phone technology have the potential to revolutionise areas such as education and healthcare. Regulators in Europe, where strict data privacy rules apply, but also those in other countries are concerned about apps and digital ads that track user activity, allowing technology and digital advertising companies to build rich user profiles. Children’s use of smartphones is another area that needs limits, Cooper said. One idea is to have “various internets curated for different audiences”; five-year-olds should be able to use the Internet to learn, but “we don’t want them to have access to pornography and things they don’t understand,” he said.

African countries are confronted with the need to host data centres. At the end of 2020, only 1.3% of the world’s data centres (less than a hundred facilities) were located on the African continent, half of them in South Africa. Yet data centres, housing servers and personal data, are at the heart of the goal pursued by most African leaders: digital sovereignty. Having one’s own digital infrastructure and thus storing one’s data locally is first and foremost an economic issue. ‘Personal data is the black gold of the 21st century,’ confirms Mamoudou Niane, legal director of the Commission for the Protection of Personal Data (CDP) in Senegal. Hosting their data, reusing it or selling it, for example, allows local companies and start-ups to remain competitive with foreign companies. “A mass of national data encourages intra-community trade. A data centre in Senegal, for example, promotes the economic integration of the entire UEMOA [West African Economic and Monetary Union] zone.” In addition to financial benefits, local data centres also ensure political and economic independence vis-à-vis foreign countries. For Lina Fassi Fihri, a lawyer at the Paris Bar and partner of LPA-CGR in Casablanca (Morocco), “by hosting their data outside their national borders, in Europe and the United States, African countries run risks. If for any reason – natural disaster, war, diplomatic crisis – third countries decide to cut off access to their data centres, several million African people and companies would lose their data’. According to the lawyer, people must therefore be ‘reminded that if the individual is the owner of his data, the state must protect it, to ensure the protection of the community. It is a matter of national sovereignty’.