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PornHub, dalla padella alla brace: la biometria per la verifica dell’identità

Nei mesi scorsi PornHub era finito sulla graticola mediatica dopo una bella inchiesta del New York Times – ne parlavo qui – nella quale si raccontava delle vite spezzate dalla diffusione attraverso la piattaforma di video con protagoniste donne – e talvolta ragazzine – non consenzienti.

Ora PornHub annuncia un’idea per risolvere il problema ma non sembra quella giusta.

L’industria del porno è ricca, ricchissima e tecnologicamente evoluta e PornHub è una delle piattaforme online leader del settore ed è un autentico impero economico.

Nessuna sorpresa, quindi, che quando nei mesi scorsi i media hanno cominciato a puntare l’indice nella sua direzione e a accusare la società che gestisce la piattaforma di far soldi sulla pelle delle persone e, soprattutto, Mastercard e Visa hanno sospeso l’erogazione dei loro servizi di pagamento in suo favore, l’allarme, nei quartieri generali Canadesi e Lussemburghesi è suonato forte.

Ora, però, si direbbe che almeno la principale tra le soluzioni che PornHub ha annunciato di aver intenzione di implementare per risolvere il problema rischi di essere una medicina decisamente peggiore del male che si intende curare e, probabilmente, neppure in grado di curare il male.

PornHub ha, infatti, appena annunciato l’intenzione di identificare i suoi utenti – o almeno una parte di essi – utilizzando addirittura la biometria ovvero i servizi di una società terza che sarebbe in grado di verificare l’identità degli utenti che caricano contenuti sulla piattaforma grazie, appunto, alla biometria.

Val la pena dirlo chiaro e senza ambiguità: ricorrere alla biometria e espropriare una persona dei suoi dati più preziosi per consentire il caricamento di un video porno online sembra davvero eccessivo.

E, peraltro, il problema che PornHub deve affrontare non è tanto esser certi di chi sia a caricare un video anche perché nell’universo social di persone che mettendoci la faccia, il nome e il cognome reali fanno cose di inaudita nefandezza ce ne sono a tonnellate ma verificare che i soggetti protagonisti dei video abbiano accettato consapevolmente la loro pubblicazione.

Perché è questo che ha sin qui distrutto la vita alle donne e alle ragazzine finite sul PornHub: aver visto loro momenti di intimità catturati da uno smartphone, magari anche in maniera consenziente e nell’ambito di un gioco con un loro partner, diventare poi di pubblico dominio e per l’eternità in assenza di qualsiasi loro consenso.

Giù le mani dalla privacy con l’alibi di voler far finta di risolvere problemi.

Gli strumenti ci sono e chi guadagna miliardi di euro grazie all’esser un campione tecnologico – ed il caso anche di PornHub – ha il sacrosanto dovere di non cercare pericolose scorciatoie e investire ogni risorsa nella ricerca di risolvere i problemi che il proprio business gli impone di affrontare con la stessa determinazione con la quale si impegna nello sviluppo di tecnologie capaci di aumentare i suoi profitti.