L’energia corre nell’aria. Ma anche i dati

Il nostro prossimo smartphone, probabilmente, lo ricaricheremo senza tirarlo fuori dalla tasca.

La cinese Xiaomi ha appena annunciato il suo Mi Air Charge che, come suggerisce il nome, è una soluzione tecnologica che consente di ricaricare un dispositivo attraverso onde elettriche diffuse da un’antenna in una stanza.

Si comincia dagli smartphone, ma naturalmente, la stessa soluzione sarà utile per ricaricare uno smartwatch, una lampada, un’assistente vocale o qualsiasi altro dispositivo connesso.

Un’altra piccola-grande rivoluzione è in arrivo.

Niente più cavetti, alimentatori, spine non compatibili né prese al muro o basi per la ricarica e, in effetti, niente più rischio di dimenticarsi di ricaricare il telefonino perché basterà entrare in casa, in ufficio, in una sala d’attesa o in un negozio o salire in auto, sul treno o sull’aereo e mentre noi faremo altro il telefonino farà il pieno di energia.

Facile prevedere che, salvo imprevisti dell’ultima ora, sarà una di quelle tecnologie che ci conquisteranno in fretta e che nello spazio di qualche anno – ma solo perché servirà cambiare l’intero parco dei nostri dispositivi connessi – sarà così che ricaricheremo la più parte dei nostri dispositivi.

Saremo più liberi, sarà più comodo, sarà più facile.

Diciamo, più o meno, sempre le stesse cose a ogni giro di boa tecnologico.

Ma, anche in questo caso, il diavolo è nei dettagli e l’unico modo per conviverci è individuarlo e pensarci per tempo.

Perché, evidentemente, oltre all’energia elettrica, nell’aria, viaggeranno anche i nostri dati, milioni di meta-dati per l’esattezza capaci di raccontare di noi più di quanto si potrebbe immaginare.

Che dispositivi connessi utilizziamo, dove siamo, quanto tempo spendiamo in un posto o nell’altro, quanto usiamo questo o quel dispositivo e chi più ne ha più ne metta.

Certo, questi dati, saranno necessari per consentirci di fare il pieno di energia più o meno ovunque, probabilmente senza pagare un euro ma non è difficile immaginare che, anche in questo caso, pagheremo in dati, quelli che lasceremo a chi ci mette a disposizione il servizio di ricarica.

Insomma accadrà quello che già oggi accade con il Wifi, ma dire di no sarà più difficile di quanto lo sia oggi e sarà più pervasivo.

Sarà una delle tante questioni da governare il prima possibile nell’accelerare la strada del nuovo Regolamento europeo sulla privacy nelle comunicazioni elettroniche il famoso, ormai potrebbe dirsi leggendario o epico Regolamento e-privacy.

Come di consueto guai a fare il tifo perché cavi e cavetti restino con noi e lo sviluppo tecnologico rallenti ma, l’importante, è sempre, solo e semplicemente governare il futuro in maniera consapevole e ponderata.

Privacy Daily – 31 gennaio 2021

Riconoscimento facciale: è necessaria una regolamentazione rigorosa per prevenire violazioni dei diritti umani

Il Consiglio d’Europa ha chiesto regole rigorose per evitare i rischi significativi per la privacy e la protezione dei dati rappresentati dal crescente utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale. Inoltre, alcune applicazioni dovrebbero essere bandite del tutto per evitare discriminazioni.

https://www.coe.int/en/web/human-rights-rule-of-law/newsroom-2020/-/asset_publisher/UORLPrekXNpu/content/facial-recognition-strict-regulation-is-needed-to-prevent-human-rights-violations


Dati personali rubati dal programma olandese di tracciabilità del coronavirus

Le informazioni personali di un gran numero di persone che hanno partecipato al programma di tracciabilità del coronavirus dei Paesi Bassi sono state trafugate, come reso noto dalle autorità sanitarie olandesi (GGD) che esprimono preoccupazione per l’ “effetto sfiducia” sul programma di tracciabilità.

https://www.theguardian.pe.ca/business/reuters/personal-data-stolen-from-dutch-coronavirus-track-and-trace-programme-546553/


In India WhatsApp davanti alla Corte Suprema

La Internet Freedom Foundation, in India, vuole che i Giudici della Corte Suprema si pronuncino sul recente aggiornamento dei termini d’uso e della privacy policy di WhatsApp.

La richiesta è di quelle che suggeriscono che la strada europea alla protezione dei dati è quella giusta ed è contagiosa: secondo i ricorrenti la Corte dovrebbe, infatti, ordinare a WhatsApp di applicare le nostre stesse regole e di garantire agli utenti indiani ciò che garantisce agli utenti europei.

https://www.hindustantimes.com/india-news/plea-moved-in-supreme-court-seeking-stay-on-whatsapp-privacy-policy-updates-101612028107912-amp.html

FaceBook: dal Profilo alla Pagina

E’ successo.

Il mio profilo Facebook era nato tanti tanti anni fa come nasce, probabilmente, ogni altro profilo per condividere informazioni, idee e opinioni sui temi dei quali mi occupo da sempre con chiunque volesse accedervi per confrontarci, dialogare e discutere.

Non è mai stato un profilo solo per “veri amici” e, infatti, non l’ho mai usato come un album di famiglia aperto al pubblico o come una versione allargata e digitale del salotto di casa mia.

Il personale, per davvero – detto che tutto quello che pensiamo, almeno all’inizio, è personale – non è mai finito sul mio profilo Facebook o ci ha fatto capolino davvero raramente quando le emozioni hanno avuto la meglio sulla ragione.

[Una parentesi: questa è una scelta tutta mia, certamente non la migliore possibile tanto è vero che la scelta dei più è di segno opposto e, tutto sommato, i profili su Facebook nascono proprio con l’idea di consentire la condivisione di frammenti più o meno ampi della nostra esistenza].

Il punto è che aver scelto di usare il profilo per condividere contenuti che, per fortuna, interessano migliaia di persone, negli anni, ha fatto sì che gli “amici” – o quelli che Facebook chiama con una formula riassuntiva “amici” -, nelle scorse settimane, sono arrivati alla fatidica soglia dei cinquemila.

Insomma, non ci stiamo più, non abbiamo più, li, uno spazio per discutere e confrontarci e ci sono centinaia di “amici” nella stessa accezione che bussano per entrare.

Confesso che ho provato a scorrere la lista dei cinquemila per fare un po’ di selezione ma, al netto di una manciata di profili improbabili – pochi davvero – nella più parte dei casi si tratta di persone che o, frattanto, conosco per davvero e, magari, stimo anche o di persone delle quali non so abbastanza per decidere che non mi interessa continuare a confrontarmi con loro.

Da qui l’unica – credo – scelta possibile: aprire una pagina su Facebook per accogliere tutti ma, innanzitutto, chi non ha trovato posto sul mio profilo.

Nella sostanza, la mia sensazione, è che tra la pagina e il profilo non ci sarà una grande differenza perché, probabilmente, ho sempre usato il profilo per come andrebbe usata una pagina.

Tutto qui. Niente di più dietro alla decisione ma mi sembrava utile spiegarlo.

Questo è il link alla nuova pagina.

Lasciare Whatsapp per Telegram?

La recente iniziativa di Whatsapp di aggiornare i propri termini d’uso e la propria informativa per la privacy e la discussione globale che ne è derivata ha determinato molti a lasciare l’app di messaggistica di casa Facebook per Telegram.

Sono milioni in tutto il mondo gli utenti di Whatsapp che si stanno buttando alle spalle i fumetti bianco-verdi della sua celeberrima icona e stanno passando sotto l’aeroplanino azzurro di casa Telegram.

Inutile qui tornare a discutere di cosa non va o, almeno, sembrerebbe non andare nelle regole che governano l’uso di Whatsapp anche perché ci sarà tempo per farlo visto che la chat di messaggistica ha annunciato che non succederà niente di nuovo nella sua app almeno fino al 15 maggio.

Ed è inutile anche avventurarsi nel discorso che, pure appassiona tanti, sul fatto che Telegram sia più o meno sicuro di Whatsapp, almeno in assenza di indagini sufficientemente accurate su entrambe le app e un confronto scientifico tra i risultati delle due analisi.

E’, utile, invece chiarire un aspetto che potrebbe interessare i tanti che, in questi giorni, stanno lasciando Whatsapp per Telegram.

Telegram, mangiata la foglia e capito che era il suo momento d’oro per strappare alla concorrenza milioni di utenti ha, immediatamente, promosso un servizio che consente di passare sulla sua app senza perdere lo storico di tutte le conversazioni su Whatsapp.

È una funzione molto utile perché l’idea di lasciare su Whatsapp conversazioni e contenuti e ricominciare da capo su Telegram non piace a nessuno o, almeno, piace a pochi.

C’è, però, un punto che merita di essere considerato.

Su Whatsapp le conversazioni sono protette con crittografia end to end, insomma inaccessibili se non attraverso il telefonino del mittente e del destinatario conoscendone le credenziali perché appunto crittografate in ogni altro passaggio.

Questa crittografia non assiste le conversazioni su Telegram.

Sotto questo profilo, dunque, val la pena tener presente – prima che ciascuno faccia la sua scelta in assoluta libertà – che almeno in relazione al contenuto dei messaggi, migrando il nostro archivio di chat da Whatsapp a Telegram, lo tiriamo via da due o più casseforti delle quali avevamo le chiavi in mano noi e gli altri mittenti o destinatari dei messaggi e lo infiliamo in un grande caveau, magari altrettanto sicuro, ma la cui chiave ce l’ha la società che ci offre il servizio.

E questo, innegabilmente, indebolisce un po’ la confidenzialità delle informazioni che ci siamo scambiati con i nostri contatti.

Poi, ovviamente, come sempre, ogni scelta è quella giusta purché sia consapevole.

Ma come dice un vecchio proverbio, chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quello che lascia ma non sa quello che trova.

Privacy Daily – 30 gennaio 2021

Washington, New York e Minnesota introducono nuove leggi sulla privacy

Nelle ultime settimane diversi Stati USA hanno introdotto una nuova legislazione sulla privacy, a partire dal 5 gennaio con il Washington Privacy Act del 2021 ( SB 5062). Il Minnesota da ultimo ha introdotto un disegno di legge (HF 36 ) che garantirebbe ai consumatori nuovi diritti a tutela della privacy, imponendo obblighi alle imprese e maggiori tutele giurisdizionali.

https://www.jdsupra.com/legalnews/washington-new-york-and-minnesota-2898054/


Hong Kong, le nuove restrizioni sollevano dubbi su libertà e privacy

Ad Hong Kong un nuovo sistema di registrazione per le schede SIM dei telefoni cellulari alimenta le preoccupazioni su libertà e privacy. Le autorità sostengono sia un efficace strumento per combattere il crimine.

https://www.reuters.com/article/us-hongkong-security-telecoms/hong-kong-eyes-push-on-mobile-phone-sim-cards-that-could-stoke-privacy-fears-idUSKBN29Y0TD?il=0


ICO lancia la quarta e ultima fase del programma per l’innovazione della privacy

Sono aperte le domande per il quarto e ultimo round del programma di sovvenzioni dell’ICO, l’Information Commissioner’s Office britannico. Il programma, giunto al quarto anno, sostiene la ricerca indipendente sulle questioni relative alla protezione dei dati e sviluppa soluzioni per il miglioramento della privacy.

Un’altra best practice alla quale guardare con interesse.

https://ico.org.uk/about-the-ico/news-and-events/news-and-blogs/2021/01/ico-launches-fourth-and-final-phase-of-privacy-innovation-grants-programme/

Facebook, ecco le prime cinque decisioni della sua “Corte Suprema”

by with Commenti disabilitati su Facebook, ecco le prime cinque decisioni della sua “Corte Suprema”

Dopo tanto clamore, le prime cinque decisioni dei venti giudici del Comitato indipendente incaricato da Facebook di rivedere le proprie scelte in fatto di moderazione dei contenuti sono arrivate.

Ha fatto discutere e tanto la decisione di Facebook di istituire un board di 20 esperti provenienti da tutto il mondo e da settori disciplinari diversi per rivedere, necessariamente a campione, le proprie scelte a proposito della rimozione dei contenuti.

Una decisione che, probabilmente, sin qui ha raccolto più critiche che plausi ma che, in ogni caso, unica nel suo genere nel panorama delle altre grandi piattaforme, sembra ispirata a un obiettivo apprezzabile: migliorare la qualità del processo di moderazione dei contenuti e garantire più diritti e libertà nel giardino privato del più famoso social network di tutti i tempi.

L’altro ieri sono arrivate le prime cinque decisioni di quella che è già stata battezzata la Corte Suprema di Facebook.

In termini calcistici diremmo che i moderatori di Facebook hanno perso uno a quattro visto che, per ben quattro volte su cinque, secondo i venti componenti del comitato, Facebook ha sbagliato a rimuovere i contenuti.

Ma giacché non parliamo di calcio ma di idee, opinioni, immagini, posizioni assunte da attivisti e privati cittadini talvolta nei confronti dei loro Governi, c’è poco da scherzare e provare a riassumere tutto in una metafora calcistica e bisogna, invece, fare qualche riflessione scongiurando il rischio di ogni ambiguità.

La prima è che è davvero troppo presto per esprimere ogni valutazione degna di questo nome sul lavoro del Comitato.

Cinque casi sulle decine di milioni di interventi di moderazione eseguiti ogni anno da Facebook non dicono oggettivamente nulla né su come lavora o lavorerà la Corte Suprema del Socialnetwork, né su come lavora Facebook.

La seconda è che, per quel che poco che vale, sin qui il Comitato si è almeno dimostrato capace di una reale indipendenza avendo, appunto, nella quasi totalità dei casi ribaltato la prima valutazione di Facebook.

La terza è che nella più parte dei casi la fretta sembra essere stata cattiva consigliera dei moderatori di Facebook perché i componenti del board andando dietro la prima impressione e approfondendo hanno quasi sempre ritenuto che, in effetti, quelli che apparivano casi di ricorso a parole d’odio o di violazione delle policy erano tollerabili forme di libera manifestazione del pensiero.

La quarta è che se, a dispetto della premessa e della statistica si azzardasse una proiezione statistica delle prime cinque decisioni si arriverebbe alla conclusione che Facebook rimuove ogni anno milioni e milioni di contenuti che, al contrario, meriterebbero di restare online e che, dunque, qualcosa non funziona in termini di tutela globale della libertà di manifestazione del pensiero.

La quinta e ultima, a guardare all’esecuzione prossima ventura delle decisioni del board, è che, nella più parte dei casi, la ripubblicazione, oggi, a distanza di mesi da quella originaria, dei contenuti in questione è inutile perché il dibattito pubblico che quei contenuti animavano, frattanto, è già passato, scivolato via, superato dal tempo con la conseguenza che quando Facebook ha sbagliato a rimuovere, come oggi dicono i suoi arbitri, ha messo un cerotto sulla bocca di uno dei suoi utenti e ha privato tutti noi dell’opportunità di confrontarci con un fatto, un pensiero o un’immagine che, magari, ci avrebbero indotto a guardare a un problema, a una questione a un’idea in maniera diversa.

Ma, appunto, non siamo ancora neppure all’inizio e, personalmente, pur restando assolutamente scettico sull’iniziativa, sospendo ogni giudizio.

Privacy Daily -29 gennaio 2021

I dati genetici prioritari nell’agenda politica internazionale

La sfida tra genetica e dati personali non è mai stata così presente nell’agenda politica internazionale, come lo è diventata a seguito della pandemia COVID-19. Studiati in tutto il mondo per individuare terapie efficaci e protocolli di tracciamento, tali dati però, raccontano tanto delle nostre vulnerabilità e domani potrebbero impedire l’accesso a prestiti bancari, istruzione, alloggio, assicurazioni per invalidità e assistenza a lungo termine.

https://www.inquirer.com/health/expert-opinions/genetic-data-privacy-consumer-testing-companies-20210128.html


Spotify vuole suggerire canzoni in base alle tue emozioni

Spotify ha brevettato una tecnologia che consentirà di analizzare la voce e suggerire canzoni in base allo stato emotivo, al sesso all’età ed all’accento. Gli stessi ricercatori di Spotify hanno messo in guardia sullo sviluppo della tecnologia senza la dovuta considerazione delle implicazioni etiche e le ricadute sulla privacy degli utenti.

https://www.bbc.com/news/entertainment-arts-55839655


La privacy e i nuovi scenari posti dalle neuroscienze nel convegno organizzato dal Garante in occasione della Giornata europea della protezione dati

Il convegno promosso quest’anno dal Garante per la privacy in occasione della 15ma Giornata europea della protezione dei dati personali è stato dedicato ad uno degli ambiti disciplinari più moderni e affascinanti, dove si incrociano etica, discipline giuridiche, nuove tecnologie e le frontiere più avanzate della scienza. Ecco i documenti e video dell’evento:

https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9527139

UK, computer infetti per tenere i bambini al riparo dal virus

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A volte il destino si prende gioco degli uomini.

In Inghilterra il Governo avrebbe distribuito dei computer infetti nell’ambito di un programma finalizzato a tenere a casa i bambini per evitare la diffusione del virus nelle scuole.

Secondo The Register che, per primo, ha dato la notizia sarebbero oltre 20 mila i computer distribuiti agli studenti di alcune scuole inglesi per consentire loro di partecipare alla didattica a distanza senza recarsi a scuola che avrebbero a bordo, pre-installato dal fornitore, un malware che, quando attivo, creerebbe un collegamento diretto tra il dispositivo e dei server russi capaci di aspirare i dati personali degli ignari utilizzatori.

Nessuna certezza, sin qui, sulle origini del problema, presumibilmente dovuto a una qualche colpevole leggerezza del fornitore.

Ma il fatto resta e non si tratta di un fatto da poco specie se si considera che, naturalmente, i ventimila computer sono stati assegnati a studenti che si trovano in condizioni particolarmente svantaggiate e, quindi, presumibilmente in famiglie con un modesto, se non scarso, livello di alfabetizzazione digitale, difficilmente capaci di affrontare e risolvere in autonomia.

Senza dire che i dispositivi in questione, essendo destinati a essere usati per la didattica a distanza, sono equipaggiati con una webcam che, ovviamente, rende accessibili dall’esterno – anche dalla Russia in questo caso ma la circostanza toglie e aggiunge poco al problema – immagini e dialoghi che avvengono all’interno di 20 mila case di cittadini della Corona.

Una vicenda, certamente non la sola, non l’unica e non la più grave, che accende una volta di più un faro sull’importanza dell’educazione digitale, innanzitutto all’interno dell’amministrazione perché, evidentemente, qualunque ne sia stata la causa, è ovvio che l’episodio non avrebbe mai dovuto accadere e che i PC avrebbero dovuto essere sottoposti a una verifica di sicurezza informatica prima di essere distribuiti.

Ma anche una vicenda che è occasione   di una riflessione più amara su quanto sia elevato il rischio che i meno fortunati economicamente e socialmente, negli anni che stiamo vivendo e in quelli a venire, finiscano con il pagare il prezzo, specie in termini di privacy, degli errori e dell’imperfezioni delle politiche di trasformazione digitale dei nostri Governi.

Privacy Daily – 28 gennaio 2021

Australia: risarcimento del Governo ai richiedenti asilo per violazione della loro privacy

Il ministero degli Interni è stato condannato a pagare un risarcimento a migliaia di richiedenti asilo in stato di detenzione, dopo l’accertamento di un data breach in loro danno. Nel 2014, il Dipartimento per l’immigrazione e la protezione delle frontiere ha erroneamente diffuso dettagli privati di quasi 10.000 persone, l’ammontare del risarcimento varierà da caso a caso.

Government ordered to compensate asylum seekers over privacy breach | The Canberra Times | Canberra, ACT


CNIL: sanzioni per attacchi di credential stuffing

L’autorità francese per la protezione dei dati (CNIL) ha annunciato di voler comminare una multa di 150 mila euro di multa un titolare del trattamento per la mancata attuazione di misure adeguate per affrontare gli attacchi di credential stuffing su un sito web. 

« Credential stuffing » : la CNIL sanctionne un responsable de traitement et son sous-traitant | CNIL


Global Privacy Roundup: il mondo oltre l’Europa e la California

A seguito del Regolamento generale per la protezione dei dati personali (GDPR), un numero crescente di legislazioni in tutto il mondo ha introdotto leggi dedicate alla protezione dei dati che emulano il GDPR o ha aggiornato le leggi esistenti per allinearsi ad esso. Un segnale importante che conferma che oltre all’Europa molte altre grandi economie prestano sempre più attenzione alla privacy.

Global Privacy Roundup: The World Beyond Europe and California – cyber/data/privacy insights (cooley.com)

Privacy Daily – 27 gennaio 2021

Taiwan sospende il progetto di identificazione digitale per problemi di sicurezza dei dati

Foto Ministero Interno – Taiwan

Il governo di Taipei ha deciso di sospendere il suo piano per l’emissione di carte d’identità elettroniche (eID) fino a quando la nuova legislazione sulla privacy non sarà pronta. La decisione segue le forti preoccupazioni espresse da più parti su possibili fughe di informazioni personali. L’investimento previsto per il progetto è di 171 milioni di dollari.

Taiwan suspends digital ID project amid safety concerns | Taiwan News | 2021/01/21


I software di proctoring attirano critiche sulla privacy degli studenti

La tecnologia di apprendimento da remoto si è enormemente diffusa ed evoluta durante la pandemia di COVID-19, aiutando studenti e insegnanti a continuare il percorso di studi in circostanze straordinarie. Basati sull’intelligenza artificiale, i metodi di proctoring per gli esami online consentono di controllare il dispositivo dello studente per stabilire se stia copiando o meno. Non mancano però le critiche da parte chi ritiene si tratti di invasive forme di monitoraggio.

Exam Proctoring Softwares Draw Criticisms Over Student Privacy | MarketScale


National Cyber Security Alliance: la giornata sulla privacy contribuisce ad accrescere la consapevolezza sull’importanza della privacy

La National Cyber Security Alliance (NCSA) organizza il suo evento annuale in occasione della giornata internazionale della privacy. L’iniziativa di quest’anno passerà in rassegna il panorama globale della privacy, esaminando, attraverso la lente dei problemi posti dalla pandemia, gli interrogativi e le questioni di più stringente attualità che riguardano la tutela dei dati personali nel mondo.

In Italia, invece, domani parliamo di Neuroscienze e privacy per accendere un faro sul futuro prossimo venturo che in alcuni casi è già presente. Qui il link all’iniziativa aperta a tutti.

National Cyber Security Alliance Kicks off Data Privacy Day This Week to Raise Awareness for Responsible Data Privacy Practices (prnewswire.com)